Consigli tecnici per i trattamenti antivarroa invernali

I trattamenti antivarroa autunnali soni i più importanti dell’annata, perchè permetteranno di arrivare in primavera con un numero di varroe limitato.
Ci sono diversi metodi di azione per effettuare gli interventi autunnali, la scelta è diversa a seconda del numero di alveari, dell’organizzazione aziendale.
Non aspettate che arrivi il freddo pensando che in questo modo vi sia più sicurezza di trovare le colonie prive di covata. La varroa purtroppo continua a provocare danni, iniettando sostanze che veicolano virus e batteri, e non vi è nessun motivo valido per aspettare, anche perché non è detto che a gennaio faccia freddo.


Il periodo dal 1° novembre al 21 dicembre è quello ideale per completare la pulizia invernale della varroa.

Trattamenti con acido ossalico.
Si può usare gocciolato oppure sublimato.
Se lo si utilizza in forma sublimata sarà possibile effettuare una serie di trattamenti, perché a differenza del metodo gocciolato il trattamento è ripetibile.
Se si usa nella forma gocciolata si dovrà prevedere un solo trattamento, perché soprattutto in inverno, col cattivo tempo e le temperature basse non sempre è possibile eseguire un secondo intervento. Chi sceglie di usare la forma gocciolata deve agire nelle ore centrali della giornata, con temperature che raggiungano una decina di gradi e utilizzare una soluzione tiepida.
Il problema sia del trattamento in forma gocciolata che di quello sublimato è nella presenza di covata. Più covata c’è meno efficace risulta il trattamento.
Per ottenere una buona efficacia con i trattamenti di ossalico sublimato si ottengono ripetendo i trattamenti a distanze regolari di 7 giorni per 3 volte.

Alcuni sublimatori immettono in continuazione il gas senza interruzione. Altri prevedono l’inserimento del sublimatore dalla porticina dell’alveare e questo è molto scomodo in quanto terminato il trattamento dall’alveare il gas continua ad uscire per diversi minuti.
Altri sublimatori permettono di inserire il cannellino di scarico (emissione del gas) tramite un foro di 6mm praticato nel retro dell’alveare, questi risultano più comodi e permettono di lasciare agire il sublimatore allontanandosi dall’alveare.

Il sublimatore é uno strumento che porta l’acido ossalico ad una temperatura in cui i cristalli vanno prima in ebollizione e poi in fusione sublimando. I
Per chi ha pochi alveari, la pipetta di rame è sicuramente la scelta migliore, pratica ed economica ( 10/15€).
Per chi ha più alveari la scelta di una soluzione a gas può essere migliore di quelle ad elettricità, sia per la praticità che per la spesa, gli strumenti elettrici prevedono spesso un generatore).

In tutti questi mezzi il termometro è uno strumento inutile, in quanto essendo aperta una via di uscita, ad una certa temperatura il cristallo dell’acido ossalico bolle, poi sublima e fuoriesce dall’apertura.

Se la temperatura è più elevata sublima prima , se la temperatura è meno elevata sublima più lentamente, ma la temperatura di fusione del cristallo ( fra i 149-160°C a seconda dell’umidità) non cambia.

Ingabbiamento


Aprire l’alveare, per ingabbiare le regine, è un’azione limitata dalle condizioni meteorologiche. Un’ingabbio e uno sgabbio con un trattamento gocciolato, comporta sempre 2 visite, un’ingabbio e uno sgabbio col sublimato prevede non meno di 2 trattamenti e quindi anche in questo caso le visite diventano 3.


In caso di ingabbio si può scegliere fra ingabbiamento di tipo  tecnico oppure tattico.
Quello tecnico è il classico ingabbio di 24 giorni o un mese, in questo caso vanno molto bene le gabbiette Cinesi o Coreane in plastica. Sono piccole, estremamente economiche, vanno legate con un filo metallico che faccia il giro sopra il montante del telaino da nido, per poterle raccogliere con più praticità alla fine del periodo, se il tempo è brutto possono essere lasciate tranquillamente più a lungo.
L’ingabbio tattico è quello che prevede un ingabbio della regina di 2 o 3 mesi. Lo scopo non è solo quello di effettuare i trattamenti con la sicurezza dell’assenza di covata, ma prevede strategicamente di fermare le colonie per più mesi, generalmente fino a metà febbraio, per fare riposare le api e le regine e farle partire prima del raccolto in una condizione alla pari, ottenendo un livellamento della forza delle colonie e facendole arrivare nelle medesime condizioni al raccolto.

Questo metodo prevede l’uso di gabbie della misura di un telaio da nido e che ne prendono il posto. Le più famose e fatte bene sono quelle di Menna, altrimenti vanno preparate artigianalmente. In pratica con l’ingabbio tattico si copia il normale comportamento degli alveari in inverno.

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